Il genere slasher non ha confini. In ogni paese, qualcuno ha cercato di creare un film che ricordasse le atmosfere di “Halloween” o “Venerdì 13”, con risultati ovviamente molto altalenanti.
Questa volta è il turno dell’Australia con il suo “Cut – Il Tagliagole”.
Un film simpatico, molto inspiegabile ma a suo modo divertente.
Trama: Un gruppo di studenti di cinema, guidati dalla regista Raffy, ha intenzione di concludere un horror lasciato interrotto, in quanto famoso per essere estremamente maledetto. Nonostante le proteste del loro professore, Raffy e la produttrice Hester riescono a ottenere i permessi per girare il film nello stesso luogo in cui è cominciato tutto…
Diretto da Kimble Rendall, “Cut – Il Tagliagole” (in originale soltanto “Cut“) è un film slasher australiano, uscito nel 2000.
La protagonista del film è la giovane regista Raffy (Jessica Napier), affiancata dall’amica produttrice Hester (Sarah Kants). Il resto della troupe consiste nel cameraman Damien (Sam Lewis), il tecnico del suono Rick (Stephen Curry), la costumista Cassie (Erika Walters), il microfonista Paulie (Matt Russell), l’elettricista Jim (Steve Greig)e la truccatrice Julie (Cathy Adamek).
A venire coinvolti nelle riprese sono anche l’attore Bobby (Simon Bossell), il professor Lossman (Geoff Revell) e Vanessa Turnbill (Molly Ringwald), una delle protagoniste del film originale.
La popstar Kylie Minogue appare in un cameo breve, ma importante ai fini della trama, nei panni di Hillary Jacobs, l’originale regista del film maledetto.
Raffy è una protagonista simpatica, perfetta per essere la final girl del film. Ha un bel carattere ed è molto motivata in quello che fa. Il resto della troupe è formata dalla fiera degli stereotipi horror: la bellona, la migliore amica, il cretino, l’arrapato, il tenebroso, l’attore arrogante che se la crede e la bruttina. Alcuni sono molto scialbi e inutili, altri come Rick sono insopportabili da morire. Hester è l’unica decente.
Da aggiungere agli stereotipi anche i detective inetti (sono due, in questo film) e la vecchietta inquietante che percepisce tutto (la moglie del produttore del film, morto a causa della “maledizione”).
Lossman sembra un soprammobile, ma alla fine è bello dinamico, ma la vera star, in tutti i sensi, è Vanessa. Snob, schizzinosa e esigente, fa venire voglia di buttarla in pasto al killer alla prima scena, ma riesce a regalare più momenti comici dei giullari della troupe di Raffy. La queen bitch è sempre un personaggio che fa la sua figura, se rappresentato bene.
Carino anche il cameo di Kylie Minogue. La apprezzo molto come artista e qui mi ha fatto quasi dimenticare la sua partecipazione nel terrificante film di “Street Fighter”.
A parte Raffy, Hester, Lossman e la mitica Vanessa, gli altri personaggi sono piuttosto monotoni, davvero degli stereotipi perfetti per aumentare di numero la conta delle vittime.
La storia è molto semplice. Il film comincia con la troupe che gira l’horror originale, “Hot Blooded”. Da notare che Vanessa era già un bel peperino. Sembra che vada tutto bene, con i soliti casini e litigi tra staff e attori. Poi succede il fattaccio, le riprese vengono interrotte e il film inizia ad acquisire la nomea di “film maledetto”.
Arriviamo al presente. Raffy e il suo gruppo, in procinto di diplomarsi, sono assolutamente intenzionati a finire le riprese di “Hot Blooded”, nonostante le proteste del professor Lossman. I ragazzi, però, sono belli testardi e riescono a ottenere i vari permessi, tra cui la “benedizione” della moglie del produttore e del proprietario della villa in cui è stato girato il film. In più, incredibile ma vero, riescono anche a convincere la scettica Vanessa a tornare sul “luogo del delitto”.
I preparativi per il nuovo massacro si sono conclusi.
La troupe si dirige alla villa, dopo una proiezione privata del film incompiuto in cui sembra sia andato tutto liscio. Nonostante i capricci di Vanessa, anche le riprese si svolgono in maniera positiva.
Ma siamo in un film horror, la gente ha da morì. E quindi il killer arriva e comincia ad accoppare le persone coinvolte nelle riprese del film.
Chi sopravviverà?
Perché Raffy ci tiene così tanto a questo film?
Perché il killer ce l’ha a morte con chi è collegato a questo film? Chi è l’assassino?
La gente quando capirà che se un film è maledetto, bisogna lasciarlo in pace e farsi i cavoli suoi? Lo dice pure il detto, in questo modo si campa cent’anni!
Ma soprattutto…quanto sono bellini Lossman e Vanessa, sono shippabili dalla loro prima scena. Si sposeranno, finché morte non li separi?
In generale, la storia è qualcosa di già visto: un film maledetto, le nuove vittime si dirigono dove tutto è cominciato, non riescono a fuggire per chiedere aiuto, i detective sono inutili, bla bla bla. Per fortuna, il film riesce a essere divertente di suo, si lascia guardare più di una volta.
Da perfetto stereotipo horror, “Cut” ha ogni situazione che non deve avvenire in uno slasher: ragazzi che fanno sesso, persone che si avventurano da sole al buio, maledizioni che non vengono lasciate in pace…
Vabbè, se i personaggi non facessero scelte di cacca, non morirebbero e quindi niente film horror. Perdoniamoli.
L’atmosfera, grazie anche alle ambientazioni, è molto tesa, ci sono molte scene inquietanti abbastanza funzionanti. L’elemento comico non manca, sia in misura moderata ma divertente (Vanessa) che irritante ed esagerata (Rick e Paulie). Da buon slasher trash, non ci sono momenti drammatici o lagnosi, sennò mi sarei addormentato.
La presenza del metacinema è palesemente un omaggio a “Scream”, uscito pochissimi anni prima.
Lo resa dei conti con il killer è bella avvincente, peccato che la scena finale, un altro stereotipo horror, rovini quel pizzico di originalità che era stata trasmessa durante la visione.
Ho trovato utile la scena in cui si soffermano a presentare i membri dello staff, indicando il ruolo di ciascuno di loro. Così facendo, è più facile ricordare anche alcuni nomi, invece di dire sempre “Oh, la bella tettona.”, “Chi è quello, il coglione del gruppo?” oppure “Aspetta, chi è la regista e chi la produttrice?”. Peccato che non vengano mostrate molte scene in cui svolgono il loro lavoro. Vediamo elettricisti, truccatrici, costumiste e tecnici del suono operare in modo alquanto approssimativo, se avessero mostrato più backstage avrebbero anche dato un tocco più realistico.
La sceneggiatura non è malaccio, per essere un b movie. Le battute sono simpatiche, quando non sono troppo banali, la storia scorre bene, nonostante alcuni punti poco chiari, e i personaggi riescono comunque a intrigare con tutto il loro essere stereotipi. Immancabili i doppi sensi e le citazioni (siamo, d’altronde, nell’epoca di “Scream”, tutti i film successivi tendevano a imitarlo).
L’elemento horror è decente.
Si vede che siamo negli anni 2000, in piena transizione da un’era di slasher maggiormente “contenuti” a un’era che cerca di osare di più. Questo si nota in alcune uccisioni che riescono a essere cruente, ma non troppo. C’è ancora qualche censura, i “vedo non vedo” tipici dei primi “Halloween” e “Venerdì 13”.
L’ordine delle morti non è prevedibile, mi sarei aspettato che alcuni personaggi morissero prima, altri più tardi. Un po’ di sorpresa non guasta mai. Le uccisioni sanno essere creative, anche se alcune poco spiegabili.
L’assassino è brutto assai. Il suo outfit consiste in una tuta da meccanico e una maschera beige inquietante calva, con la bocca cucita. Si poteva fare di meglio, ma in qualche modo incute timore. La sua arma, invece, è molto originale: delle cesoie da giardino modificate e allungate. Un solo colpo e potresti perdere la testa!
Il motivo di esistere del killer viene spiegato in maniera molto approssimativa, purtroppo.
La location madre di questo film è la villa usata per dirigere il film, sia nel passato che nel presente. A parte un paio di stanze e il salone, non viene mostrata a pieno, il che è strano. Di solito, negli horror, questi posti grandi vengono sfruttati a pieno in modo da sembrare un labirinto. L’esterno, invece, è più mostrato e consiste in un giardino pressoché infinito che riesce a mettere ansia, visto che non è illuminato.
Visivamente, è molto simile ai film slasher usciti a cavallo tra gli anni ’90 e il 2000: hanno tutti lo stesso taglio registico. Non so spiegarlo bene, ma sembrano tutti uguali.
La colonna sonora è buffa: ricorda sì gli slasher degli anni ’80, ma alcune musiche sembrano più quelle tracce usate nelle scene misteriose e angoscianti di un episodio de “La Signora in Giallo”. Finiscono per smorzare troppo il clima horror. Per fortuna, alcune tracce molto rock riportano la direzione musicale per il giusto sentiero.
“Cut” è il tipico film horror con assassino di fine anni ’90/inizi 2000: banalotto, con una trama non particolarmente complessa, ancora contenuto nella violenza, ma a suo modo divertente. Alcuni elementi impediscono a questa pellicola di sembrare un semplice omaggio australiano a “Scream”.
Cosa mi è piaciuto:
- Il personaggio di Vanessa.
- Il fattore intrattenimento.
- Un paio di musiche molto rock.
Cosa non mi è piaciuto:
- Alcuni personaggi rasentano lo stereotipo ridicolo.
- Le musichette stile “Signora in Giallo” (e io adoro il telefilm con la Fletcher).
- Il finale che rappresenta l’apice della banalità.