Durante i tre brevi ma intensi giorni passati a Tokyo, ho cercato di vedere più roba possibile: sono riuscito a vedere un paio di templi molto carini (Meiji Jingu e Senso-Ji), un santuario (Asakusa Jinja), un museo dei samurai, ho goduto della bellissima vista aerea dal la Tokyo Skytree e ho persino incontrato un Kappa.
Ovviamente non sono mancate visite peccaminose a negozi a tema nerd e otaku, come l’Evangelion Store a Ikebukuro, e le incursioni nelle sale giochi sono state all’ordine del giorno.
Mancava, però, un’ultima tappa prima di partire: Akihabara, il vero quartiere per nerd e otaku.
Non potevo non farci un salto.
Nonostante tutti gli anime visti in cui almeno una scena era ambientata in questo celeberrimo quartiere, non sono risultato abbastanza pronto psicologicamente per ciò che avrei visto: una zona piena di soli negozi di elettronica, sale giochi e fumetterie.
Mancava solo il Pokemon Center, ma sono convinto che si trovasse da qualche parte.
Il paradiso, signori. Anche se in realtà è più definibile come luogo di perdizione. A ‘na certa, mi sono dovuto costringere a tornare nel mio albergo a Shinjuku, sennò non sarei mai più andato via. Beati i residenti permanenti ad Akihabara.
Partiamo con i negozi di elettronica, per la precisione i negozi dedicati ai videogiochi, che erano quelli che mi interessavano.
C’erano veri e propri negozi di roba retrò, come le prime console Nintendo, i Sega Genesis e Dreamcast, le prime Playstation, i Neo Geo e i Gameboy. Mi è sembrato di essere tornato indietro di almeno 15 anni.
La tentazione di comprare una vecchia console era forte: ho sempre sognato di possedere una Dreamcast e giocare al “Soulcalibur” originale, ai primi “The House of the Dead” o a “The King of Fighters ’99 Evolution”, ma avrei trovato una televisione al dormitorio di Sendai? Come la avrei portata, un anno dopo, a Roma? Ogni dubbio fu dipanato quando vidi i prezzi di console e giochi: un po’ troppo per i miei gusti. Per il collezionista ci sta, ma per uno che deve ancora attraversare un anno di bollette, spese per mangiare e altre necessità non era ancora il momento adatto. Chissà, magari prima di ripartire…
Altri negozi adorabili sono quelli che vendono videogiochi usati. Molti di essi hanno prezzi davvero convenienti, anche nel caso delle Collector’s Edition. Per lo stesso motivo della Dreamcast (roba ingombrante), però, decisi di trattenermi dal fare spesi folli, anche nel caso dei giochi Switch, visto che ancora costavano un pochino. Piuttosto, preferisco aspettare “Pokemon Scudo” o il nuovo gioco di Hatsune Miku.
Passiamo ai negozi di anime e manga.
Edifici alti addirittura 6 o 7 piani, pieni di ogni manga, statuetta, gadget possibile. Alla fine, non ero così interessato, quindi ho fatto i miei giretti, salito mille scale e osservato divertito gli otaku più disperati mentre si emozionavano davanti alle loro merci preferite. Ho, però, provato molta felicità vedendo “Detective Conan” ancora nel fiore della sua popolarità. C’erano molti scaffali dedicati a lui. Che bello. Peccato che non ho potuto svaligiarli.
Finalmente è arrivato il momento tanto atteso: le sale giochi. Sì, prima di Akihabara ne avevo già visitate alcune, ma quelle di Akihabara sono un mondo a parte. Sono tantissime e sono più complete. C’era non solo la Taito Station, ma ben quattro edifici targati SEGA. Non ho capito perché ce ne fossero addirittura quattro, ma mi sono piaciuti un sacco, visto che in alcuni c’erano giochi non trovabili negli altri.
In uno di questi edifici ho addirittura trovato uno stand che prepara taiyaki a tema.
Per chi non lo sapesse, i taiyaki sono dei dolci squisiti a forma di pesce e con vari ripieni, come la crema, il cioccolato e la crema di fagioli (anko). Sono veramente squisiti, quando sono stato a Kyoto penso di aver fatto scorpacciata di essi. Forse è per questo che sono tornato ingrassato.
Da quando sono tornato, quest’anno, ne ho mangiato solamente UNO contato e proprio ad Akihabara, in una delle sale giochi marcate SEGA. La cosa bella era che non vendevano il solito disegno a forma di pesce, ma varie forme ispirate ai franchise SEGA, come il loro logo o la testa di Hatsune Miku (quest’ultima sembra un pochino inquietante, presentata così…). Avrei voluto cogliere con una fotina l’intera gamma di scelta, ma la fila era tanta, la vista intera del bancone si era liberata subito prima del mio turno e non volevo bloccare la calca dei poveri nerd come me in fila per magnà solo per soddisfare il mio ego pseudo influencer/instagrammer/aesthetic/chichessia, quindi accontentatevi di questa e non odiatemi se di punto in bianco vi è venuta fame.
Volevo tanto prenderne uno alla crema oppure quello con il logo della mitica azienda, ma ho finito per scegliere a caso. Il disegno non l’ho capito, ma il ripieno era al matcha (tè verde). Ne avrei preso subito un altro, soprattutto perché era bello caldo, ma per una buona volta ho pensato alla mia linea (curva) e ho preferito limitarmi. Me ne sto tuttora pentendo.
Di nuovo, non odiatemi se il vostro languorino alla pancia è improvvisamente aumentato.
Ok, parliamo di qualcosa che non sia cibo.
Parliamo dei videogiochi.
Avendo visitato vari arcade, a Tokyo, posso dire di aver visto quasi ogni genere possibile. È stato come rivivere la bellissima esperienza videoludica di Kyoto, ma con aggiunte e modifiche dovute sia all’anno trascorso che alla più varia scelta presente nella capitale.
Si comincia sempre con i claw crane, ovvero le gru col gancio, quei giochini che se vinci ti reputi fortunato, se perdi la consideri una truffa mondiale. Io, come giocatore e come reazione, mi piazzo a metà tra i due pensieri, ma tendo più per “AAAAA CUESTA È TRUFFA, SN INDINNIATO”. Questi giochi sono i passatempi preferiti dei giovani, giapponesi e non. Viste le quantità abnormi di partite che ogni ragazzo fa, non mi sorprenderei nel sentire che le aziende che hanno creato questi giochi sono le più ricche del mondo.
Io ho provato solo quella che dava come premio il peluche del pokémon Mimikyu. Era il premio più kawaii visto e adoro Mimikyu, inoltre volevo contenermi con le gru per darci dentro con i videogiochi.
Ovviamente non vinsi nessuna delle 10 partite.
Scherzo, ne ho fatte solo 3 o 4. Ma sarei stato capace di farne 10.
Giuro che lo vincerò, quel Mimikyu. Sennò lo compro al Pokémon Center a Sendai, ma lì voglio prendere anche Mew.
Oltre ai peluche, è possibile vincere la qualunque con le gru: action figure, dolcetti, caramelle, patatine. Mancano solo assorbenti, carta igienica e bento (cestini per il pranzo) e le gru sostituiranno conbini (negozietti aperti 24 ore su 24, conosciuti anche come “Mani sante”) e supermercati nell’immediato futuro. Chi è bravo con le gru, vince con pochi yen pasti e utilità per la casa, chi è una pippa digiuna e vive in povertà.
Superate le gru maledette, si arriva finalmente ai videogiochi.
Ovviamente la quantità di videogame presenti varia a seconda della grandezza e dei piani dell’edificio, ma non manca mai nessun genere. Io, sinceramente, verto sempre per i picchiaduro, i giochi musicali, gli sparatutto e i racing.
I picchiaduro li provo quasi tutti, soprattutto se becco quelli che sono usciti su PS4 e a cui non posso giocare. Ovviamente gioco da solo, senza collegarmi online. Sono troppo schiappa.
Mi sono aggiornato con il cast di “Tekken 7” e ho giocato con la meravigliosa Julia Chang.
Finalmente ci siamo levati di torno il suo inutile alter ego Jaycee. La Julia che abbiamo sempre conosciuto è ancora una volta adorabile.
Negli arcade, rispetto all’anno scorso, hanno aggiunto tutti i personaggi usciti finora, a parte gli ultimi due arrivati (Zafina e Leroy) perché troppo recenti (nelle sale giochi gli aggiornamenti vengono installati in determinati periodi, non a base mensile) e Negan.
Io volevo giocare proprio con l’infame di “The Walking Dead” e loro ancora non lo hanno inserito.
Ma siete cattivi o cosa? È troppo violento per i vostri gusti e preferite non metterlo negli arcade perché ci vengono pure i bambini a giocare?
Vi odio. Mettete Negan entro il 2020 o prendo io una mazza chiodata e comincio a fare stragi.
Per rimediare, la prossima volta giocherò con Geese Howard, Noctis, Anna e Lei.
Una nuova aggiunta, rispetto al 2018, è “Dead or Alive 6” con tanto di DLC, quindi è possibile giocare pure con Mai e Kula di “The King of Fighters”. Evviva!
Visto che non ci avevo mai giocato finora, ho subito preso mano a levetta e pulsanti e ho partecipato a due partite, una usando il nuovo arrivato Diego, l’altra usando la sempre stupenda Mai Shiranui.
Mai è tosta da usare, in un gioco diverso dal suo habitat naturale, ma vederla in una computer grafica più realistica compensa tutto. Una dea.
Diego è figaggine pura. L’unico personaggio maschile che mi piaceva tanto, finora, era Jann (e ogni tanto Hayabusa), ma ora pure Dieghito ha fatto breccia nel mio cuore. Mi ricorda molto Brad di “Virtua Fighter”. Molto divertente il fatto che, dopo aver subito una super mossa, perda la maglietta. Magia.
A causa del poco tempo rimasto, non ho potuto rigiocare a “The King of Fighters XIV”, “Street Fighter V”, “Persona 4 Arena Ultimax” o “Dissidia”. Recupererò durante l’anno.
Stesso discorso vale per i racing game. Sono giorni che pregusto di giocare a “Mario Kart”, in occasione di comprare la versione Switch. Ho dovuto anche ignorare “Taiko no Tatsujin” (devo essere pronto psicologicamente per distruggermi le braccia a suon di tamburate) e il gioco musicale con i pulsanti (continuo a dimenticarne il nome), ma non ho disdegnato una breve partitina a “Theatrhythm Final Fantasy”. Giocare usando i pulsanti a mo di DJ è una vera goduria.
Arriviamo, però, al genere a cui ho prevalentemente giocato. Gli sparatutto.
Per la precisione, gli sparatutto horror.
Per la precisione, gli sparatutto horror con gli zombie. Più una partitina a “Jurassic Park”, visto che era l’unico gioco libero nei dintorni, a una certa.
Il titolo che avevo più ansia di giocare, in quanto uscito da pochissimo, era il nuovo “The House of the Dead”, intitolato “Scarlet Dawn”. Questo gioco merita un discorso a parte perché sono intenzionato a completarlo. Per fortuna, visto che è nuovo, è presente quasi ovunque.
Un altro gioco interessante è “The Walking Dead”, in cui ti devi fare strada tra i non morti brandendo balestra e arco, come Daryl Dixon, ma in versione più poraccia. Di Norman Reedus ne esiste uno solo.
La vera chicca è stata “The House of the Dead 2”, giocone uscito alla fine degli anni ’90.
Essendoci tanti edifici dedicati a SEGA, speravo tanto di trovarlo e le mie aspettative non sono state per niente deluse.
Pochi videogiochi, ormai, riescono a incutere terrore come questo gioiellino retro.
Per essere stata la prima volta dopo anni, usando una pistola, non è andata malissimo.
Tranne per il fatto che ho lasciato morire la metà dei civili. Però non ne ho ammazzato nessuno direttamente. Questo è senz’altro un bene…vero?
Ho, tuttavia, delle lance da autospezzare a mio favore. Joystick e mouse rendono il gameplay troppo facile, rispetto agli arcade, quindi è naturale che, viziato dalle esperienze di gioco più comode, abbia perso il mio tocco con le pistole. Non ero più abituato a ricaricare manualmente con 6 munizioni nella batteria.
Quindi, arrivare quasi alla fine del 4° livello (su 6) e salvare minimo 2 civili per stage è da considerarsi una piccola soddisfazione.
Soddisfazione per me…ma non per i giapponesi, esperti anche nel fare le movenze non necessarie ai fini del gioco. Per fortuna, nessuno di loro sembra avermi visto all’opera, sennò sarei stato bollato (a mia insaputa) come impedito della sala.
La prossima volta giuro che finirò il gioco e salverò almeno 3 civili a botta. Devo a tutti i costi riprendere le mie skills (come se un tempo fossero alte…).
In alcuni edifici è possibile giocare anche al quarto “The House of the Dead”, il primo che ha introdotto il mitra. Avendolo giocato fino a poco tempo fa su PS3, lo so praticamente a memoria, quindi non lo toccherò quasi mai.
Chi ama i titoli ancora più storici, gioirà nel trovare postazioni di “After Burner” oppure di “Point Blank” (quest’ultimo l’ho dovuto ignorare per mancanza di tempo, ma a Sendai ci sta, quindi recupererò).
Akihabara è veramente un luogo di perdizione. Ci sta così tanta roba che rischi di confondere i negozi e smarrirti. Non che dispiacerebbe a molti dei visitatori…ma a una certa, bisogna mangiare e tornare a casa.
Ritrovare così tanti gioiellini videoludici, come i primi Gameboy, il Super Nintendo e la Dreamcast, è stato molto divertente. Peccato per i prezzi.
Le sale giochi immense, per fortuna, colmano la tristezza per il non poter permettersi una console retro. Hanno solo un difetto: non hanno abbastanza giochi retro. Sai che figo poter rigiocare ai primi Tekken, Soulcalibur, Virtua Fighter, Crash Bandicoot oppure ai Time Crisis e a Radical Bikers (il giochino in cui bisogna consegnare pizza su una moto)? Alla fine, il vecchio è il nuovo chic.
Appena mi stabilizzerò per bene a Sendai, mi godrò meglio le sale giochi, tanto che mi comprerò le card con cui poter personalizzare le mie esperienze di gioco. Ci vivrò per un anno, quindi avrò molte occasioni per giocare. Muahahahahah.
E quando tornerò a Tokyo, andrò nella sala giochi SEGA con i taiyaki e mi papperò la capoccia di Hatsune Miku.
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