Sono partito molto in ritardo, nei confronti dei GDR (Giochi Di Ruolo): ho cominciato solamente da pochissimi anni a giocarli. Li ho sempre tacciati di eccessiva lunghezza, preferendoli a generi più immediati come il picchiaduro o il platform.
Poi ho scoperto “Zelda”, i vari “Final Fantasy” (senza finirne uno) e “Lunar: Silver Star Harmony” (quest’ultimo, con molta pazienza, sono riuscito a finirlo) e mi sono reso conto di essermi perso un bellissimo universo. Quindi, ho deciso, anche se lentamente, di recuperare. Ho comprato “Ni no Kuni” per Switch e già ne sono rimasto incantato.
Poi mi sono ricordato dell’esistenza della saga di “Dragon Quest”, visto che da bambino mi ricordavo le tante pubblicità dedicate ai suoi giochi per PS2. Nonostante fossi rimasto incantato dalla loro grafica, non ne ho mai comprato uno. Solo ora ne sto pagando le conseguenze in termini videoludici.
Grazie a “Super Smash Bros. Ultimate”, ho notato che sarebbe uscito “Dragon Quest XI S” per Switch e mi promisi di dargli una chance.
Uscito sul mercato proprio mentre mi trovavo in Giappone, ho cercato subito le lingue disponibili nella versione fisica nipponica.
Supporta solo la lingua giapponese. Non è presente nessuna lingua straniera.
Il mio cuore si è frantumato in mille pezzettini rancorosi.
Avrei dovuto per forza prenderlo in Europa (come per “Ni no Kuni”).
Voi direte “Ma tanto studi giapponese”.
Lo so, ma i giochi me li voglio godere, se mi metto a tradurre un gioco di ruolo, ci metto due ore solo per i primi venti minuti.
E così attendo di tornare a Roma in maniera definitiva per comprarlo.
Nel frattempo, però, non contento della mia sofferenza, ho scoperto un film animato dedicato a “Dragon Quest” su Netflix e me lo sono visto.
Me ne sono pentito.
Ora ho ancora più voglia di giocare a un gioco della serie. Mannaggia al mio masochismo.
“Dragon Quest: Your Story” è un film giapponese animato in computer grafica 3D, uscito prima nei cinema nipponici l’anno scorso, per poi approdare in tutto il mondo tramite Netflix, nel febbraio di quest’anno. Il prodotto è un adattamento del quinto gioco della serie videoludica “Dragon Quest V: La Sposa del Destino”, uscito originariamente nel 1992.
Il protagonista è Luka, un giovane che si è messo in viaggio con il padre Pankraz per salvare la madre Mada. Nel corso della sua avventura, che durerà molti anni, Luka incontra molti personaggi, come l’impavida Bianca, il ricco Rodrigo e sua figlia Nera, il fedele Sancho, il principe Harry (no, non quello che ha quittato il regno con Meghan Markle) e il misterioso Agon. Ad aiutarlo, inoltre, ci sono due creature particolari: la tigre coi denti a sciabola Purccy e lo slime (in genere un nemico base del gioco) Gootrude.
Il nemico della storia è lo spaventoso Ladja, che vuole usare i poteri della madre di Luka per aprire il Mondo dei Demoni e risvegliare il terribile Nimzo.
I personaggi sono abbastanza stereotipati, i loro caratteri si vedono in ogni gioco di ruolo che si rispetti: abbiamo l’eroe provvisto di tanta volontà, ma un po’ pollo, la ragazza cazzuta, la ragazza timida, il sidekick buffo e cicciotello, lo sbruffone, l’anziano enigmatico. Tuttavia, risultano molto simpatici e si finisce per fare tifo per loro. Dopo il trauma subito da “Final Fantasy VII”, ormai sono sempre sull’attenti, spaventato dall’idea di salutare prematuramente qualcuno degli eroi.
Gootrude è un amore, poi. Non lo so perché, ma la cosa che mi piace di più di “Dragon Quest”, sin da quando ero bambino, sono gli slime azzurri. Li trovo adorabili.
Ladja è odioso come pochi. Anche qui, nonostante sia un cattivo nella norma (brutto come la fame, potente, senza scrupoli e dalla facile risata diabolica), si fa detestare in maniera magistrale.
Strutturalmente, la storia è molto bellina perché si sviluppa per un lungo periodo di tempo: vediamo infatti Luka crescere da bambino a giovane adulto e maturare il suo carattere.
Nel mentre, il ragazzo continua, per tutto il tempo, nella sua missione principale: salvare la madre dalle grinfie di Ladja.
Molti momenti sono abbastanza prevedibili perché avvengono SEMPRE, in ogni cavolo di GDR. Ecco, una cosa critico di questo genere di giochi: le scene stampino che sono puntualmente presenti in ogni cavolo di titolo, tipo quelle dei film Disney.
Critica a parte, la storia è davvero avvincente, piena di colpi di scena. I frequenti cambiamenti di luogo e tempo contribuiscono a rendere tutto più piacevole.
Ciò non mi impedisce di pensare che forse un lungometraggio non fosse la scelta migliore per adattare questo gioco. Accadono troppe cose e alcune sottotrame dal buon potenziale sono state riassunte in pochissimi minuti. Visto l’estensivo periodo temporale in cui è ambientata la storia, non sarebbe stato meglio fare una serie TV? Almeno la sgradevole sensazione del “fare tutto di fretta” sarebbe stata evitata.
Ci sono momenti delicati e drammatici, ma anche scene ironiche, grazie al carattere spumeggiante di alcuni personaggi e all’imbranataggine di Luka.
Il finale mi ha spiazzato.
Parto col presupposto di non aver giocato il titolo originale, quindi non avevo idea di come si sviluppasse e finisse la trama. Infatti ci sono rimasto. Ancora non capisco se sia un colpo di genio o una stonatura eclatante. Fatto sta che mi sono fiondato a leggere la trama originale.
Che l’obiettivo dell’atto finale fosse spingere gli spettatori a giocare subito a “Dragon Quest V” per godere della vera storia, finale compreso? Secondo me, da questo punto di vista, sono stati molto intelligenti.
La sceneggiatura è carina, un pochino banalotta, ma funziona. I personaggi riescono a essere piacevoli e interessanti. La storia, purtroppo, è troppo affrettata in molti punti.
Il finale ci fa capire perché il film abbia il sottotitolo “Your Story”.
La grafica è stupenda. L’uso della computer grafica è stato effettuato con maestria. I personaggi sono molto belli da vedere, anche quelli mostruosi colpiscono. Ambientazioni da favola.
L’unica pecca è che il tocco originale di Akira Toriyama non si vede manco con il telescopio.
Sì, proprio lui. Akira Toriyama, creatore di “Dragon Ball” e “Dr. Slump”. Ha contribuito anche al character design dei personaggi della serie di “Dragon Quest”. Infatti la somiglianza si vede ed è meravigliosa.
Purtroppo in questo film non c’è traccia del contributo di Toriyama. Ciò non toglie che i personaggi siano molto belli, ma hanno perso quel piccolo, ma grande tratto distintivo che ha contribuito alla popolarità della serie originale.
La musica è davvero bella. Epica, rilassante, coinvolgente.
Io sono innamorato dell'”Overture”, il tema principale, presente in tutti i giochi. Ovviamente, non manca nemmeno in questo film. Non importa quante volte lo sento, ma mi viene la pelle d’oca dal primo all’ultimo secondo. Rappresenta alla perfezione la sensazione di epicità che dovrebbe regnare in ogni gioco di ruolo.
Per questioni di studio, ho visto il film in lingua originale giapponese, con i sottotitoli italiani. I nomi dei personaggi sono stati stravolti in maniera, oserei dire, scandalosa. Già la versione inglese ha nomi diversi da quelli giapponesi, ma cambiano pure in italiano e sono bruttini. Ladja diventa Skriterioska o una cosa del genere, Gootrude diventa Gertrude. Non potete capire quante volte ho soffocato le risate alla vista di “Gertrude”.
“Dragon Quest: Your Story”, con tutte le sue pecche, è un prodotto davvero piacevole che piacerà, molto probabilmente, ai neofiti come me che ai nostalgici fan di lunga data della serie videoludica.
Sicuramente, riuscirà nel suo scopo: avvicinare molte più persone a “Dragon Quest”, soprattutto perché ha adattato uno dei capitoli meglio riusciti della serie, ergo uno dei più popolari.
Io non vedo l’ora di poter iniziare uno dei giochi resi disponibili per Switch. Non solo ci sta l’undicesimo capitolo, ma sono stati rilasciati, in inglese, anche il primo, il secondo e il terzo titolo. C’è sempre lo stesso problema, però: se li prendo dall’eshop giapponese, li posso giocare solo in giapponese. Mi fa una rabbia, soprattutto perché sono in offerta. Ovviamente nello shop europeo sono ancora a prezzo pieno.
Aspetterò.
Tanto ho “Ni no Kuni” e “Breath of the Wild”.
Chissà quando li finirò.