Stagione numero 5, proprio come il numero di componenti della mitica gang protagonista di questa serie: i Fab 5.
Continuo a prendermi in giro da solo per aver sottovalutato come un cretino questo programma, solo perché lo reputavo una moda.
Mi rimangia ogni parola alla fine del primissimo episodio.
“Queer Eye” non è nemmeno un programma, è un’esperienza di vita. Continuo a imparare tante cose riguardo la vita e sono tutte belle: amore, autostima, accettazione, carattere, rispetto. Potrei continuare all’infinito.
Più le serie vanno avanti, più c’è la paura che l’originalità finisca per scemare, dando spazio a noia e banalità.
Come per “Grace & Frankie”, non è il caso di “Queer Eye”.
Dopo il carinissimo speciale ambientato in Giappone, i Fab 5 ci presentano una nuova stagione principale, piena di bellissime storie, momenti divertenti e grandi emozioni.
Questo gioiello è un toccasana. Dovrebbero vederlo tutti. Fa bene alla salute.
Grazie al cielo, i Fab 5 restano sempre gli stessi: l’esperto di moda Tan “Tanny” France; l’esperto di cucina Antoni Porowski; l’esperto di cultura Karamo Brown; l’esperto di design e interni Bobby Berk; l’esperto di cura personale (e kween suprema) Jonathan Van Ness.
Più episodi guardo, più mi affeziono a tutti e cinque. Riuscire ad apprezzare tutti i membri di un gruppo, che sia una band musicale, un cast di un film/sceneggiato televisivo o una squadra di giudici di un talent show, senza mostrare preferenze o mal sopportazione per una persona in particolare, è un’impresa a dir poco titanica. Eppure, i Fab 5 riescono davvero a farsi volere bene tutti alla stessa maniera (almeno nel mio caso).
Oddio, in realtà provo un particolare affetto per Antoni perché è un bimbo che fa acuti peggio di Mika ed espressioni facciali degne di una commedia dissacrante appena si toccano i seguenti argomenti: cibo, cani, corgi e a quanto pare Macy Gray.
Però in generale sono davvero tutti fantastici. Li vorrei per una settimana nella mia vita: diventerei senza ombra di dubbio una persona migliore. Chi non vorrebbe imparare a cucinare meglio, oppure a trovare un vero e proprio stile personale di abbigliamento oppure migliorare (senza cambiare) capelli e pelle, oppure rimodernare la casa…ma soprattutto, chi non vorrebbe partecipare a una seduta psicoterapeuta con Karamo? Io ne avrei troppo bisogno.
La quinta stagione vede una nuova mascotte: il tenerissimo cane Walter, che prende il posto del compianto Bruley, purtroppo venuto a mancare, ma mai dimenticato.
Ovviamente i Fab 5 valgono metà programma, ma non bisogna ignorare gli “eroi”, ovvero i protagonisti che vedono le proprie vite migliorare grazie ai 5 ragazzi. Persone comuni che rappresentano tutti noi, con i propri drammi, i propri sogni e molto potenziale che non riescono a tirare fuori. Anche in questa stagione, abbiamo a che fare con protagonisti unici, amabili e portatori di grandi messaggi (il prete omosessuale è un pugno in faccia al bigottismo cristiano e l’ho adorato). Impossibile non tifare per loro, visto che rappresentano quella parte buona e luminosa dell’umanità che bisogna proteggere a tutti i costi.
La quinta stagione ci porta in nuovissime location, principalmente nello stato della Pennsylvania: i Fab 5 ci portano a vedere, ovviamente, Philadelphia, ma anche altre città dal nome curioso, come Fishtown e Wyomissing. In un episodio si spingono anche oltre, toccando il suolo del New Jersey. Il fan di “Miss F.B.I” (il film con Sandra Bullock) che è in me è sempre contento di sentire “New Jersey”.
La struttura di ogni episodio è sempre la stessa:
- Ci viene presentato il/la protagonista dell’episodio.
- I Fab 5 vanno a trovarlo/la, scoprono il grande casino generale che je tocca risolve e organizzano il loro piano di makeover.
- Il/la protagonista passa per le grinfie amorevoli dei cinque esperti e migliora non solo in campo estetico, ma anche umano.
- Si vedono bene i risultati immediati, i Fab 5 possono fare ciao ciao con la manina, soddisfatti di aver ancora una volta fatto del bene.
- I Fab 5 osservano, dal loro campo base, i risultati qualche giorno dopo, si piange per la felicità (non scherzo, eh) e si fa un brindisi al/alla protagonista (io farei pure ai Fab 5 perché ogni volta fanno sempre un lavorone ammirevole).
- L’episodio si conclude con un simpatico extra presentato da uno dei Fab.
La struttura ripetitiva potrebbe stancare lo spettatore medio, ma a me continua a piacere. Lo trovo un formato che funziona e che, al momento, non necessita di cambiamenti.
Le storie sono raccontate davvero bene, con naturalezza e semplicità. Anche nel caso di risvolti molto intensi, non viene usata una mano esagerata, quindi non si rischia di incorrere in scene da telenovelas o tragedie greche. Grazie a ciò, le vite di questi personaggi ordinari arrivano meglio al nostro cuore.
Il finale di ogni episodio è sempre un groppo alla gola perché è pieno di sentimento e messaggi di positività. Personalmente, mi trovo sempre a guardare i titoli di coda con un enorme sorriso sulla bocca ma anche con gli occhi umidi. Alcuni dei protagonisti hanno dei legami con la propria famiglia così forti che è impossibile non commuoversi davanti a loro.
Un altro fattore che contribuisce a rendere “Queer Eye” un programma benefico è la quantità di messaggi positivi che porta: i Fab 5 ci insegnano ad amare non solo le persone intorno a noi, ma soprattutto noi stessi. L’autostima è davvero importante per andare avanti nella vita. Dovrei impararlo pure io.
Importante, soprattutto durante questi mesi pieni di odio e rancore, è anche accettare le persone per quello che sono, a prescindere dalla loro pelle o dal loro orientamento sessuale, e rispettarle. Non c’è spazio per pregiudizi, scetticismo e altri sentimenti negativi, in questo programma.
Molti penserebbero che i Fab 5 portano questi bei messaggi solo per fare ascolti. Io, invece, li reputo genuini e delle belle persone per davvero. Sui social sono attivissimi su molte questioni delicate riguardo gli U.S.A. Penso che bisognerebbe prenderli come esempio.
“Queer Eye” non è, però, solo pianti ed emozione; è anche risate. I Fab 5, anche quando meno te lo aspetti, fanno morire dal ridere con i loro caratteri esuberanti. Basta anche una sola espressione facciale esagerata (grazie, Antoni e Jonathan) e finisco per terra, ridendo come un cretino.
Anche ridere fa bene alla salute.
Tra i bellissimi posti in cui abitano i protagonisti della serie, il loft dei Fab 5 e le case rimodernate da Bobby, anche la parte estetica della serie è davvero godibile.
Dopo 4 stagioni, anche la sigla subisce un rimodernamento estetico e musicale ed è ancora più bella.
Non mi stancherei mai di guardare “Queer Eye”. Come potrei fare a meno di qualcosa che mi fa bene, soprattutto in questo periodo delicato che tutti noi stiamo vivendo?
Bastano pochi episodi per sentirsi una persona migliore, grazie ai consigli dei Fab 5 e alle storie esemplari (soprattutto in alcuni casi) degli “eroi”. Figuratevi cinque stagioni.
Fatevi del bene. Guardate questa serie.
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