Ho visto pochi film sud-coreani, ma finora sono sempre rimasto soddisfatto.
“Train to Busan” mi ha fatto capire che i film zombie non sono tutti trash; “Parasite” mi ha sconvolto e ancora ne rimango sorpreso, se ci penso.
Incuriosito grazie alle frequenti menzioni sui social, ho dato una possibilità ad “#Alive”, sempre uno zombie movie.
Anche questo mi è piaciuto.
“#Alive” è un film uscito da poco su Netflix, diretto da Cho Il-hyung. La pellicola è l’adattamento sud-coreano del film americano “Alone”, in uscita imminente.
Il protagonista di questa nuova storia con i non-morti è Joon-woo (Yoo Ah-in), un giovane gamer. Insieme a lui, compaiono pochi personaggi, come i superstiti Yoo-bin (Park Shin-hye), Sang-chul (Lee Hyun-wook) e un misterioso uomo mascherato (Jeon Bae-soo).
Essendo il cast molto scarno, abbiamo modo di conoscere bene e apprezzare/criticare i protagonisti.
Il giovane Joon-woo è il tipico ragazzo adolescente che vive in una società moderna e tecnologica: sempre attaccato ai videogame, molto impacciato con gli altri esseri umani e, spesso, non particolarmente sveglio. Trovarsi in mezzo a un’apocalisse zombie lo aiuterà a “maturare” in fretta, prendendo una serie di decisioni sempre più difficili.
Ogni tanto, risulta irritante perché è scemo, ma quando piano piano acquista coraggio e cazzutaggine, diventa un grande.
Yoo-bin è l’opposto di Joon-woo: (apparentemente) adulta, matura e più organizzata. La ragazza è il braccio destro che tutti sognerebbero.
Quando dà dell’idiota a Joon-woo è esilarante.
Sarebbe stato interessante se avessero inserito qualche scena in più, in grado di spiegare perché la ragazza fosse così esperta di sopravvivenza. Abbiamo visto solo Joon-woo nelle scene pre-apocalisse, mentre lei no.
Gli altri due personaggi importanti mostrano due modi completamente diversi di reagire a una calamità come l’invasione non-morta…ognuno dei quali è più negativo dell’altro. Mica tutti diventano dei valorosi eroi, è ovvio.
Un difetto di questi zombie movie è che, a parte il personaggio protagonista, gli altri protagonisti vengono presentati a metà. Visto che compaiono in corso d’opera, sti cavoli del loro trascorso.
E invece no. Io li voglio conoscere bene, perché di solito si rivelano molto più interessanti di uno scialbo protagonista.
Il film inizia in maniera molto semplice: il nostro Joon-woo si alza, pronto per un’altra giornata di (probabile) procrastinamento.
Poi succede qualcosa di strano. Cominciano a sentirsi un sacco di rumori, urla e movimenti bruschi. Il ragazzo si affaccia alla finestra e si trova davanti uno spettacolo agghiacciante: alcune persone hanno cominciato ad aggredire gli altri occupanti del complesso residenziale, azzannandoli e uccidendoli.
Joon-woo non è proprio così scemo, si chiude in casa e, nonostante alcune esperienze tremende, riesce a sopravvivere per più di una settimana. Purtroppo, i viveri cominciano inesorabilmente a diminuire e anche la salute psicologica del ragazzo subisce danni brutti.
Per fortuna, Yoo-bin fa la sua comparsa e la storia progredisce in maniera aggressiva e pericolosa, con i due ragazzi costretti a fare scelte sempre più difficili.
Riuscirà qualcuno a sopravvivere?
La storia è abbastanza semplice, con molte svolte prevedibili, però riesce a coinvolgere fino alla fine.
Quello che mi ha interessato molto è stato l’elemento tecnologico/social. Joon-woo e altre persone, durante il film, usano molto cellulari, pc e droni per ricevere aggiornamenti sui loro cari, per comunicare con altri sopravvissuti o per chiamare i soccorsi finché l’elettricità e la rete telefonica rimangono attive.
Finora, non ho visto molto l’elemento tecnologico nei zombie movie più recenti. Forse è per questo che il film risulta più interessante di una pellicola occidentale qualunque: mostra un’innovazione e una maggiore vicinanza alla società attuale. Quante persone, nella realtà, farebbero affidamento sulla tecnologia per sopravvivere a un’ipotetica apocalisse zombie? Quasi tutte, secondo me…e io mi includerei tra loro.
Come film zombie, “#Alive” ha un tono principalmente drammatico, anche se Joon-woo riesce a regalare qualche sorriso con il suo carattere.
La sceneggiatura è decente: i dialoghi e i personaggi risultano realistici, si comportano proprio come ci si aspetterebbe, viste le circostanze.
La trama, forse, poteva svilupparsi in maniera più omogenea: l’ultima mezz’ora, rispetto alla parte precedente, ha moltissimi colpi di scena e alcune scene sembrano un po’ troppo affrettate. Alcuni plot twist, poi, sono molto prevedibili.
I personaggi più secondari, avrebbero meritato più background pre-apocalisse, soprattutto nel caso di Yoo-bin.
Ho apprezzato da morire, da italiano, l’inserimento di un particolare prodotto dolciario nostrano.
Un tentativo dei sud-coreani di arruffianarsi gli spettatori italiani? Con me, forse ci sono riusciti. Maledetti.
L’elemento horror è ben presente, senza scadere nello splatter gratuito. C’è molta violenza e il sangue non manca, ma viene tutto presentato in maniera moderata.
Le scene di paura non mancano, ma anche qui c’è stato un lavorato moderato, con poco affidamento sui sopravvalutati jump scares: meno male, il film fa più paura se esercita terrore a livello psicologico.
Le ambientazioni sono molto ristrette ed è raro, per uno zombie movie: vediamo principalmente gli appartamenti dei due ragazzi, qualche altra zona del complesso e le strade sottostanti le finestre. Molto interessante.
Colonna sonora molto pop-rap, contribuisce a dare quell’impronta moderna al film.
Non c’è il doppiato italiano, ma solo quello inglese e l’originale coreano. Temendo che il doppiato inglese potesse risultare molto monotono, ho optato felicemente per la lingua originale. Il coreano ha il suo perché, bisogna dirlo.
“#Alive” è uno zombie movie che non risulta banale e trash. Riesce a coinvolgere fino alla fine, senza puntare troppo in alto.
Sarò sincerò, ma al momento, “Train to Busan” e questo film superano di gran lunga, in qualità, la maggior parte dei film zombie americani (compresi molti capitoli della saga di “Resident Evil”).