Ci ho messo una settimana intera per trovare abbastanza coraggio per vedere la puntata finale di “Suburra”.
Penso che basti solo questo per farvi capire quanto non ero pronto a vedere questa meraviglia finire. Altro che “Game of Thrones”, ho sofferto molto di più qui.
Sarà che mi sono affezionato tanto a tutti i personaggi, pure quelli “brutti”, perché sono stati tutti ben recitati.
Sarà perché racconta la mia città, Roma.
Sarà perché era palese che molti sarebbero rimasti vittima di questa guerra al potere.
So solo che ho vissuto ogni puntata di questa terza stagione con molta angoscia.
La terza stagione di “Suburra” è da poco uscita su Netflix e rappresenta la conclusione definitiva a questo adattamento televisivo del romanzo scritto da Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini.
Il controllo della bellissima Roma è bramato da tantissimi personaggi, quasi tutti in lotta tra di loro, tra alleanze, tradimenti e doppi giochi.
Innanzitutto abbiamo Aureliano (Alessandro Borghi) e Spadino (Giacomo Ferrara), supportati dalle rispettive compagne Nadia (Federica Sabatini) e Angelica (Carlotta Antonelli).
Dalla parte, diciamo, opposta abbiamo Samurai (Francesco Acquaroli), il loro rivale più pericoloso, supportato dal politico Amedeo Cinaglia (Filippo Nigro), ormai diventato un personaggio molto potente, e da Badali (Emmanuele Aita), potente boss mafioso siciliano.
In mezzo a questi intrighi ci si mette pure Manfredi (Adamo Dionisi), fratellone di Spadino, risvegliatosi dal coma che lo ha reso K.O. per tutta la stagione precedente.
Altri personaggi coinvolti sono Sara (Claudia Gerini) e il Cardinale Nascari (Alberto Cracco), sempre più assetati di potere.
Nonostante la fracca di personaggi già coinvolti, ne vengono introdotti altri, come Sibilla (Marzia Ubaldi), contabile molto legata a Samurai.
Vabbè, io adoro alla follia i due “eroi” di questa serie, Aurelià e Spadì, sia come singoli personaggi che come bromance. Ci regalano tanti momenti emotivi, ma anche un sacco di risate. In mezzo alla lotta per il potere, sono palesemente i più “deboli” e fragili, ma sono anche i più onesti e genuini. Vogliono solo comandare, poveri, e giustamente sognano in grande.
Le loro controparti femminili, Nadia e Angelica, sono meravigliose: sono belle toste e indipendenti. In questa stagione, entrambe hanno la possibilità di emergere anche separate dai loro compagni e ci riescono alla grande, sviluppando anche una dinamica di “coppia” bellissima. Grazie per dei momenti alla girl power veramente belli.
Poi ci sta Cinaglia, che rappresenta alla perfezione la figura del politico spietato e marcio che più assaggia il potere, più perde la sua umanità, soprattutto nei rapporti con la moglie Alice (Rosa Diletta Rossi). Molto realistico, non trovate? In alcuni momenti mi ha fatto abbastanza schifo.
Samurai sempre per i fatti suoi ma pericoloso. Guai a tradirlo. Non smetterò mai di adorare come questo personaggio quasi onnipotente e invincibile, visto che all’esterno sembra un semplice uomo di mezza età romano che puoi trovare in qualunque bar a parlare di calcio e politica.
Ma parliamo di Manfredi, che è tornato in (quasi) tutta la sua forma smagliante, odioso e viscido come pochi. Mi è mancato un personaggio da amare e odiare come lui, nella stagione precedente, a cui rivolgere i peggiori insulti. A sto giro, però, si è diviso con Cinaglia gli insulti. Ovviamente, con lui di nuovo in gioco, la situazione diventa più complicata per Aureliano e Spadino. A ‘sto giro è pure supportato dal cugino Alex (Alessandro Proietti), altro personaggio che amo/odio e che sa pure il segreto di Spadino. Il big bro di Spadino sarà sempre il migliore antagonista di questa serie, per me, in virtù anche del legame oscuro che ha con il fratello.
Poi abbiamo il Cardinale Nascari, che più parla e più mi fa paura, complici anche le sue espressioni facciali inquietanti. Lo voglio come killer nel prossimo film horror ambientato in un posto religioso, ha le carte tavola per far cagare sotto i protagonisti a ogni apparizione.
Ogni personaggio ti tiene incollato allo schermo e, grazie alle ottime interpretazioni degli attori, riescono a rimanerti impresso, anche nel caso dei personaggi più cattivi e marci.
Ammetto, però, che avrei voluto conoscere meglio Sibilla e i suoi capelli rosso rubino.
Avrei voluto anche vedere Adelaide (Paola Sotgiu), la madre di Spadino e Manfredi, più attiva. Lo sanno pure i muri che è molto più cazzuta di quanto sembri. Mamma Heidi aveva tutte le carte in tavola per essere una villain magistrale.
La storia riprende subito dopo l’episodio finale della stagione precedente: Spadino e Aureliano sono divisi tra il desiderio di diventare ancora più potenti, ora che si sono allontanati dalle figure ingombranti dei loro genitori/fratelli, e quello di vendicare l’amico Lele, rimasto coinvolto in una serie di eventi troppo più grandi di lui che lo hanno portato a togliersi la vita. Il loro obiettivo principale è Samurai, che intanto magheggia con Cinaglia e Badali per ottenere il controllo anche della Chiesa. L’annuncio del Giubileo Straordinario è l’occasione perfetta per fare una montagna di soldi.
Nel frattempo, Manfredi si è risvegliato dal coma e ovviamente non vuole restare fuori da questi promettenti affari, visto che ci sta di mezzo pure il suo “amatissimo” fratello.
La lotta per ottenere il controllo della Capitale si fa sempre più contorta e sanguinosa.
Insieme a questo marasma di intrighi, vediamo anche lo sviluppo personale di molti dei protagonisti: per esempio, il legame sempre più forti tra i due amici Aureliano e Spadino, ma soprattutto tra Angelica e Nadia, due ragazze con modi di fare e vite completamente diverse, oppure la salita al successo di Cinaglia che coincide nella sua discesa, sempre più incontrollabile, negli inferi della criminalità. Inutile dire, inoltre, come il legame fraterno tra Manfredi e Spadino raggiungerà il picco del dramma.
Mi è piaciuto molto come sia stato mostrato lo sviluppo della trama insieme all’approfondimento dei protagonisti coinvolti.
Ovviamente, qualcuno di loro è stato lasciato un po’ fuori, ma forse è stato meglio così.
Il numero di episodi per questa stagione è stato ridotto: sono solo 6. Da un lato, è stato meglio così perché ogni singolo evento è stato reso importante per lo sviluppo delle varie storie, senza rischiare di allungare in maniera inutile il brodo. Da un lato, mi ha lasciato, personalmente, un po’ intontito perché mi è rimasta per tutto il tempo l’impressione che abbiano corso un pochino troppo.
Essendo la stagione finale di una storia incentrata su intrighi, potere e lotte, tutti si aspettano una carneficina.
Non resterete delusi. “Game of Thrones” je fa un baffo, in termini di ecatombe di personaggi.
Ogni episodio l’ho vissuto leggermente male perché mi aspettavo agguati, sparatorie improvvise. Quando si avvicinava un momento pericoloso, mettevo puntualmente pausa pensando “Eccallà, qua tizio/a ci lascia le penne.”
L’episodio finale è una bella botta emotiva. Come ogni epilogo che si rispetti, fa male, riflettere e causa anche un po’ di confusione perché non pone un punto decisivo su tutte le questioni.
Ho apprezzato molto la presenza di scene ironiche, pure nei momenti di tensione. Guarda caso, gli artefici delle mie risate sono quasi sempre Aurelià e Spadì. Che mattatori.
Ah, non ho ancora letto il libro, ma spero di farlo in un futuro non troppo lontano perché sono molto curioso di vedere le differenze tra versione originale e televisiva.
La sceneggiatura fa ancora un buon lavoro: i personaggi sono tutti interessanti, anche se alcuni avrebbero meritato più attenzione; la trama, seppur distesa in pochi episodi, tiene sulle spine.
Bellissimo l’alternarsi tra dialoghi molto tecnici, politici e in italiano “forbito” e altri più terra terra, pieni di parolacce, intercalari romani e sinti. Ogni personaggio ha un suo linguaggio, quindi abbiamo una bella varietà linguistica.
Da romano quale sono, adoro i momenti di verace romanità. Basta un “Mortacci tua” piazzato in maniera strategica per farmi ridere come un cretino.
Non so perché, ma resto sempre incantato dalle inquadrature di Roma e dintorni, nonostante siano sempre cupe o notturne. Come nelle stagioni precedenti, è veramente raro trovare una scena ambientata in un momento assolato. Tutto ciò aiuta a rendere il mood della serie più drammatico. Gli unici momenti colorati avvengono nello sfarzo e nell’eccentricità della casa di Spadino, ma anche lì c’è qualcosa che rende tutto in qualche modo drammatico.
Colonna sonora sempre azzeccatissima. Ogni episodio ha una canzone finale diversa, una più accattivante dell’altra.
È sempre un peccato dover salutare una serie che ci piace tanto, ma sempre meglio vederle finire dopo poche ma fantastiche stagioni, che dopo troppe e inutili. “Tredici” e “Supernatural” (ma ce ne sono tante altre) insegnano.
“Suburra” finisce con il botto e riesce ad emozionare fino all’ultimo secondo.
Personalmente, non mi aspettavo di provare così tanta angoscia, soprattutto nei confronti dei personaggi.
Questa serie è la conferma che l’Italia non merita di essere ridotta ai patetici stereotipi dei cinepanettoni brutti o di prodotti di serie b recitati male. Sappiamo fare anche cose molto belle.
A voi è piaciuta “Suburra”, sia in generale che riguardo questa singola stagione?
(Riflessioni spoiler nella pagina seguente)