Salve a tutti! Siamo arrivati al mese di Ottobre, il che vuol dire solo una cosa: manca poco ad Halloween!
Pertanto, parlerò più frequentemente di opere horror, alternando titoli già proposti con altri nuovi.
Oggi tratterò, di nuovo, di una serie TV che è al tempo stesso un horror di stampo slasher. Ironicamente, si chiama proprio “Slasher” e attualmente comprende ben quattro stagioni.
La premessa di questa serie è di appartenere al genere antologico, con ogni stagione in grado di raffigurare storie e personaggi diversi, un po’ alla “American Horror Story”.
Trama: Sarah Bennett torna, insieme al marito Dylan, nella sua città natale, Waterbury, anni dopo essere sopravvissuta all’omicidio dei suoi genitori per mano di un fanatico religioso, Tom Winston. La ragazza farà subito nuove conoscenze e rivedrà anche dei volti familiari, ma la speranza di poter superare del tutto la tragedia svanirà molto presto a causa di una serie di macabri omicidi che avverranno in città. Sarah, al fine di scoprire tutta la verità e anche di sopravvivere, dovrà fare affidamento proprio sul killer dei suoi genitori…
Creata da Aaron Martin e diretta da Craig David Wallace, “Slasher” è stata presentata prima come esclusiva del canale americano Chiller, specializzato in progetti thriller e horror, per poi approdare su Netflix. La quarta stagione, la più recente, è stata rilasciata invece sul canale streaming Shudder, negli USA. Non si sa quando verrà rilasciata in Italia (si spera presto).
In questa prima stagione, la protagonista Sarah è interpretata dall’irlandese Katie McGrath (la magnetica Morgana di “Merlin”); suo marito è interpretato da Brandon Jay McLaren (“Harper’s Island”), mentre Cam, il poliziotto amico di infanzia di Sarah, da Steve Byers (protagonista dell’orrido slasher “Left for Dead”).
I personaggi sono interessanti e le performance buone, anche se tendono a scadere nella soap opera. Io l’ho visto doppiato ma sembra, però, che la McGrath abbia recitato alternando accenti irlandesi e canadesi…immagino la confusione di tutti. Una cosa molto intrigante della serie è l’ambiguità morale dei personaggi: nessuno di loro è un santo, ma proprio nessuno, compresi i teneri coniugi Bennett (anzi, io ho cominciato presto a odiare Dylan). Nonostante il loro essere scorretti, alcuni abitanti di Waterbury riescono comunque a piacere ma vederli morire non vi farà sprofondare nel dolore.
Sarah in particolare è un bell’incrocio tra una final girl tipica degli slasher, destinata a venire aggredita dal killer fino alla fine, e una detective Colombo o Nancy Drew, coraggiosa e tenace nella sua impresa. A differenza dalle tipiche final girl, lei è tutt’altro che pura e casta.
La trama, non il massimo dell’originalità (protagonista che torna nel paese natio e coincidenza, cominciano gli omicidi bla bla bla), fila liscio, alternandosi tra il presente e flashback passati che aiutano a fare luce su vari avvenimenti, primo fra tutti l’omicidio dei genitori di Sarah. Tuttavia la sceneggiatura comincia a svaccare con il trascorrere degli episodi e ciò si può notare soprattutto nell’episodio finale, molto banale e pieno di azioni stupide e insensate, in confronto ai buoni episodi precedenti pieni di colpi di scena.
Il finale se lo potevano proprio risparmiare.
Gli omicidi sono creativi e brutali, quindi la violenza non manca. Il tema centrale della stagione e elemento chiave per risolvere gli omicidi sono i sette peccati capitali: ogni vittima rappresenta un peccato e viene uccisa attraverso una punizione dallo stampo biblico (per esempio, chi pecca di ingordigia è destinato a ingerire veleno per topi).
Le ambientazioni sono belle, si alternano scene girate in piena città con altre girate in posti più naturali. Apprezzo il fatto di far commettere alcuni delitti in momenti ancora illuminati, invece di far cadere teste sempre e solo di notte. Gli effetti speciali sono fatti discretamente, per essere una produzione canadese. E comunque niente può essere fatto peggio che in “Zombeavers”.
Il livello di suspense è alto. Le aggressioni e gli inseguimenti non mancano e c’è almeno una morte in ogni episodio, quindi il ritmo è abbastanza serrato, se si considerano anche le numerose scene investigative e quelle che approfondiscono i personaggi, sia principali che secondari.
Mi è piaciuto il design del killer, il Carnefice (o The Executioner, in inglese). A vederlo ricorda un boia medievale, con la sua tunica scura e il cappuccio con due fessure per gli occhi. Molto inquietante. Il fatto che non abbia un’arma predefinita lo rende un assassino molto imprevedibile e, di conseguenza, pericoloso.
Una serie con del potenziale, per essere un horror slasher (cosa rara, fino a pochi anni fa). A differenza di “Scream Queens”, essa gioca sul dramma…e forse è quello lo sbaglio, vista la presenza di momenti un po’ lenti da telenovela. Gli slasher più interessanti sono quelli dotati di ironia.
Se avessero aggiunto qualche personaggio intrigante e sospetto in più, non sarebbero arrivati a una rivelazione finale troppo ovvia: visto che muoiono in tanti, di personaggi rilevanti, e molti altri vengono tolti dalla lista dei sospetti molto presto, basta fare due più due e voilà, il killer è servito.
Sono contento che sia stata aggiunta su Netflix, sia perché era da molto che volevo vederla, sia perché ci sono ancora poche opere horror fatte bene, sul catalogo.