Per un nerd come me, ci sono due posti da vedere assolutamente a Tokyo: Akihabara e Odaiba.
Avendo già visto due volte Akihabara (una a settembre, l’altra in questi giorni in cui sono tornato a Tokyo per vacanza), dovevo a tutti i costi visitare Odaiba.
Che cos’è Odaiba?
È un’isola artificiale, raggiungibile in una quarantina di minuti dalla stazione di Shinjuku. Essendo un’isola, è raggiungibile attraverso treni (come la linea “futuristica” Yurikamome o la linea Rinkai) oppure con i water bus, ovvero dei traghetti.
Odaiba è una zona abbastanza recente: è stata costruita dopo il 1996, dopo che è stata salvata dalla desolazione causata dalla bolla economica.
Devo ammettere che dopo due giorni di puro caos, tra Shibuya, Shinjuku e Akihabara, ci voleva una gitarella a Odaiba. L’isola sembra un mondo a parte, rispetto al resto della capitale.
Innanzitutto, non ci sta così tanta gente, rispetto a una Shinjuku o una Shibuya. E va già benissimo, soprattutto perché i quartieri maggiori, nel periodo festivo, sono invivibili.
Poi, sarà per la vicinanza al mare, ma si respira un’aria più fresca e si percepisce un’atmosfera totalmente diversa e, di conseguenza, più piacevole.
Ma soprattutto, Odaiba è un’attrazione vivente. Ogni posto è un centro commerciale/parco giochi/mostra/ristorante. Il divertimento non manca, soprattutto se di soldi ne hai a bizzeffe.
In sintesi, Odaiba mi è piaciuta un casino. Anche senza spendere quasi nulla.
Subito dopo essere usciti dalla stazione, ho percepito questa atmosfera peculiare.
Poi, ho cominciato a guardarmi intorno: centri commerciali, centri commerciali, centri commerciali, poi una ruota panoramica.
Attrazioni ovunque.
Mi sembrava di trovarmi al Parco Lotta di “Pokémon Smeraldo”. Adorissimo.
Onde non finire di girovagare come due vagabondi, ci siamo messi a cercare su Internet i luoghi più interessanti, trovando delle vere perle.
Il nostro primo obiettivo fu la statua gigante del Gundam Unicorn, di fronte al DiverCity Tokyo Plaza.
Appena arrivati, ci trovammo di fronte a una leggenda.
Un meraviglioso Gundam mastodontico. Non sono un grande fan del franchise, ma cavolo quanto è bello. Tra l’altro, non è la variante standard, ma quella con due corni. La statua, infatti, nel corso della giornata cambia fattezze grazie a dei meccanismi al suo interno.
Sarei rimasto per tutta la giornata lì, sperando di assistere al cambio di guardia, ops di armatura, ma Odaiba non si visita restando fermi, quindi abbiamo proseguito la gita. Ovviamente la piazza è tutta a tema Gundam: c’era anche un cafè e un negozietto su roulotte.
Il pezzo grosso, però, era il centro commerciale DiverCity Tokyo Plaza, in cui è situato, al settimo piano, il Gundam Front Tokyo, ovvero una mostra e allo stesso tempo negozio enorme di Gundam.
Anche qui, nonostante non sia un grande fan, sono rimasto estasiato da molti dei mecha.
Che meraviglia, ragazzi.
Ovviamente, non è mancato nemmeno l’elemento trash.
Infatti, ho trovato il poster di un crossover tra Gundam e…Hello Kitty.
Ok. Non ho capito il nesso con la gatta, ma ok.
Si vede proprio che siamo in Giappone.
Era tutto così bello che avrei speso volentieri qualche yen in robottoni, ma avevo pochissimo spazio libero nella mia valigetta, spazio che probabilmente sarebbe già stato riempito dai souvenir comprati (compresa l’edizione da collezione di “Persona 3 & 5 Dancing”, che giocherò quando sarò di nuovo a Roma, visto che lì ho la PS Vita).
Almeno ho avuto una scusa in più per non spendere soldi.
Secondo obiettivo: la Statua della Libertà.
Avete capito bene.
Ci sta una replica della Statua della Libertà francese a Odaiba, costruita nel 2000 per commemorare l’anno francese in Giappone.
Beh, se non posso andare a vedere quella americana, posso dire di aver visto la versione ridotta. In Giappone.
Molto logica, come cosa, non trovate?
Durante il tragitto, siamo anche incappati nella sede principale della Fuji Television, un altro edificio enorme e dal suo perché.
Inoltre, becchiamo pure l’hotel Hilton. Non sapevo ce ne fosse uno pure in Giappone.
Finalmente si arriva a uno dei lati dell’isola. Si riesce a vedere il mare, nonché il ponte principale che collega Odaiba a Tokyo, ovvero il Rainbow Bridge. Purtroppo, essendo giorno, non è stato possibile vederlo acceso.
La vista, però, era comunque spettacolare.
Poi, finalmente, la vediamo.
La Statua della Libertà.
In formato ridotto, rispetto all’originale.
Averla trovata in Giappone mi ha, però, fatto davvero impressione.
Chissà se da qualche parte ci sono repliche di altri monumenti mondiali: magari a Shinjuku ci sta una muraglia cinese, ad Akihabara è stata costruita una mini Torre Eiffel. E che dire di un Colosseo, magari a Shibuya?
Siamo in Giappone. Tutto è possibile.
Salutata la Statua, è il momento di un altro centro commerciale: il Joypolis SEGA.
Tra sale giochi e centri commerciali, SEGA regna sovrana. #respect.
Entrati in questo nuovo posto, ci troviamo di fronte a mille attrazioni. Più che un centro commerciale, sembra essere un parco a tema.
Il Joypolis, infatti, è una specie di mini Mirabilandia con attrazioni specializzate nello sparatutto laser.
Un posto per me, in pratica.
I prezzi dell’ingresso, però, mi hanno fatto cambiare subito idea. Si poteva entrare senza giocare in nessuna attrazione, a un prezzo abbastanza modico, ma sarebbe stata una cosa molto triste, anche perché avrei dovuto pagare un prezzo a parte per fare una precisa attrazione.
Magari un’altra volta.
Abbiamo scoperto che c’erano anche un Museo Lego e un Madame Thussaud, ma non abbiamo osato nemmeno indagare sui prezzi, sicuramente sarebbero stati più alti delle nostre aspettative.
Morale della favola: giriamo i negozi del Joypolis, che è meglio.
C’era di tutto, a partire da una sala giochi retro. C’erano i cabinati dei primi due “The House of the Dead”, come ad Akihabara! Peccato che non mi sono riuscito a fermare per una partita. I picchiaduro, invece, non c’erano. Che razza di sala giochi retro sei se non hai almeno un picchiaduro? Vabbè.
Altri luoghi molto interessanti includevano una coppia di indovine, negozi molto nerd, crane game a tema, una casa degli orrori e una piccola fiera dei takoyaki, le squisite palline di pastella contenenti polpo. Ci siamo fermati in uno dei ristoranti per provare dei takoyaki. Non erano il top, ma ci siamo riempiti lo stomaco.
Era il momento di visitare il nostro ultimo obiettivo, ma prima passai a salutare un simpatico amico, vicino all’uscita.
Uno struzzo impagliato (credo, era comunque finto).
Io mi vorrei fare delle domande, ma so che non riuscirei quasi mai a trovare una risposta, quindi faccio sempre spallucce, rispondendo: “Siamo in Giappone”.
Next Stop: VenusFort, un centro commerciale che contiene costruzioni europee.
L’intento era di visitare il luogo in fretta, così da prendere il traghetto per tornare ad Asakusa, ma spoiler: non abbiamo fatto in tempo.
In compenso, VenusFort era molto bello.
Appena entrati, siamo stati accolti da una schiera di macchine fighissime.
Tutto molto bello e retro.
Continuando l’esplorazione dell’enorme edificio, ci siamo imbattuti in una misteriosa figura: L’albero dei colori risonanti della vita.
Si tratta di una costruzione tridimensionale che consiste in un’unione di varie sfere che cambiano colore in continuazione.
Molto affascinante.
Inoltre, lì ho scoperto perché Odaiba sembrasse così vuota e tranquilla: erano tutti a farsi i selfie con i monumenti del VenusFort. Mica scemi.
Destreggiandoci tra i vari negozi (compreso un delizioso Miyazaki Store, pieno di splendidi prodotti ispirati ai vari anime dello Studio Ghibli), ci siamo imbattuti in altre costruzioni occidentali.
La prima era una fighissima fontana contenente delle Veneri.
La seconda era una chiesa.
Dulcis in fundo, in una sala reception c’era una replica della Venere di Botticelli.
Dopo tre mesi di cultura giapponese, un po’ di arte italiana ci voleva.
Purtroppo, la stanchezza stava cominciando a sopraffarci, quindi abbiamo deciso di tornare a casa.
Prima, però, bisognava tornare dal Gundam gigante perché probabilmente aveva cambiato aspetto.
E infatti, eccolo lì, in versione standard Unicorn.
Stupendo.
E così, ce ne siamo tornati a casa, a bordo della futuristica linea Yurikamome. In effetti, la stazione e il treno avevano qualcosa di molto diverso dal solito: sembrava più uno shuttle.
Durante il viaggio, siamo finalmente riusciti a vedere il Rainbow Bridge illuminato, come prevede il nome, dai colori dell’arcobaleno, ma purtroppo non sono riuscito a fargli una foto.
Odaiba è stata una zona di Tokyo che ho apprezzato molto nel suo essere un mondo a parte. Sarà il suo essere isola (artificiale), sarà la quasi totale assenza di case oppure l’accozzaglia di elementi occidentali, ma andarci è stata una boccata d’aria fresca, lontana dal caos, dallo smog e dalla megalopoli rappresentata dalla capitale e dai suoi enormi quartieri.
Eppure Odaiba è sempre Tokyo.