Purtroppo devo confessare un grave peccato: sono una capra in politica.
Sia chiaro, voto ogni volta che serve perché hanno lottato con le unghie e con i denti per i diritti al voto e già noto che non li stiamo ripagando abbastanza. Avendo una mia opinione, quindi, voto chi penso possa fare del meglio per noi…anche se ormai è diventato difficile capire chi possa davvero essere affidabile.
Nonostante la volontà e lo sforzo mentale, io non so nulla di strategie, politiche, schieramenti e roba affine. So cosa sono la destra e la sinistra, ovviamente…ma se scavate in profondità, nel mio cervello politico, sentirete solo la vanga cozzare contro una cavità vuota.
Visto come sono messo a livello politico, sono rimasto sorpreso di aver amato fino alla fine “The Politician”, una delle ultime creature di Ryan Murphy, il creatore di grandi serie come “Glee” e “American Horror Story”. Ero partito scettico, ma ho finito per divorarla in pochi giorni e già attendo con ansia la seconda stagione.
Questo è decisamente l’anno in cui Murphy riprende possesso del mio cuore, visto che è la seconda volta in pochi mesi che stravedo per una sua serie (la prima è stata “American Horror Story 1984”).
“The Politician” è una serie tv originale Netflix, creata da Ryan Murphy, Brad Falchuk e Ian Brennan, uscita l’anno scorso.
Il cast è molto nutrito.
Il protagonista, il giovane Payton Hobart, è interpretato da Ben Platt.
L’aspirante presidente del liceo è supportato dalla fidanzata Alice (Julia Schlaepfer) e dai fidati McAfee (Laura Dreyfuss) e James (Theo Germaine). A scontrarsi contro di lui per la carica importante c’è River (David Corenswet), affiancato dalla fidanzata Astrid (Lucy Boynton) e da Skye (Rahne Jones).
Altri personaggi importanti sono Infinity (Zoey Deutch), una compagna di scuola malata terminale; Ricardo (Benjamin Barrett), il fidanzato di Infinity; Dusty (Jessica Lange), la nonna di Infinity; i genitori di Payton (Bob Balaban e Gwyneth Paltrow).
Di solito, a me gente come Payton sta altamente sulle scatole: troppo attaccato alla politica, perfettino, riccone e freddo-distaccato. Eppure ho tifato per lui dal primo all’ultimo episodio.
I motivi sono tanti: innanzitutto, non ha avuto un’infanzia perfetta, sebbene ora viva nell’oro. Inoltre, non è così freddo e materialista come vuole far credere.
Ma soprattutto…è jellato da morire. Negli 8 episodi della prima stagione, gli capita di tutto e di più. Impossibile non provare tenerezza per lui…oltre che cercare di consigliargli di rivolgersi a Medjugorje.
La sua qualità principale, però, è l’interprete, Ben Platt. Giovane e bravissimo, le sue espressioni e la sua dialettica sono oro. Vedere un’attore così giovane reggere un’intera stagione sulle sue spalle è veramente un gaudio e anche uno stimolo fortissimo, sia perché il mio sogno nel cassetto è recitare (Platt è un attore teatrale professionista, quindi tanto di cappello), ma anche perché è la dimostrazione che ci sono giovani che si impegnano e fanno bene il loro lavoro.
Per quanto però Payton sia un personaggione che regge tutta la serie, “The Politician” non sarebbe così divertente senza il resto del cast.
Le tre grazie che assistono Payton sono molto simpatiche, soprattutto McAfee, cazzuta e sveglia. James e Alice sono un po’ delle patate lesse, ma sono comunque importanti per lo sviluppo di Payton come persona.
Infinity è la dolcezza. Vederla nelle sue condizioni porta a compatirla, ma la ragazza è piena di sorprese, sia positive che negative.
I rivali di Payton sono personaggi molto complessi.
Skye alterna tra l’essere testa di cavolo e cazzuta femminista (pure troppo estrema, per me). Ancora non ho capito se odiarla o stimarla.
River, a primo impatto, pare il bellone sorridente e amichevole, ma anche lui sorprende, soprattutto nel suo legame con Payton.
Astrid è Chanel Oberlin di “Scream Queens” in una vita non horror. Bionda, bellissima, fredda, stronza, sleale. Piena di difetti. Ma impossibile non amarla. Sarà anche perché mi sono affezionato alla Boynton dopo “Bohemian Rhapsody”. Nelle scene in cui dovremmo odiarla, finiamo per ridere con lei.
Se il padre di Payton è una fr***a moscia, la madre è spettacolare. Io non sono un grande fan della Paltrow, ma qui ha fatto un lavorone e ci ha regalato un personaggio pieno di sfumature, amabile al 100%. Ricardo è un cretino, ma ho riso per tutto il tempo, nelle sue scene.
Concludo con un’immancabile lode per Jessica Lange, una grande e meravigliosa attrice che abbiamo avuto tutti modo di conoscere solo grazie ad “American Horror Story”, quando in realtà ha fatto una marea di roba spettacolare, partendo dal remake degli anni ’70 di “King Kong”. Ryan Murphy tende a farle fare lo stesso tipo di ruolo, nelle sue serie, ma è troppo brava. Più Jessicona per tutti.
Ryan Murphy riesce sempre a mettere in scena un cast spettacolare, ma un ulteriore pregio che bisogna riconoscergli è la sua devozione nel far recitare in ogni suo lavoro, che sia “Glee” o “American Horror Story”, non solo attori di diverse etnie e orientamenti sessuali, ma soprattutto persone nate con disabilità. Qui, per mia somma felicità, non è da meno, visto che la preside del liceo di Payton è sorda, mentre due dei compagni di scuola hanno, rispettivamente, una paresi cerebrale e la sindrome di Down.
Grazie Ryan. Tutti meritano il loro momento di gloria.
La trama, di base, è la seguente: Payton vuole diventare un politico importante, addirittura vuole conquistare la Casa Bianca. Sente di essere nato per questo.
L’occasione giusta per cominciare il suo percorso da politico è la presidenza del consiglio studentesco del suo liceo.
Ammiro l’ambizione de ‘sto ragazzo. Io, al liceo, a malapena avevo capito di preferire le lingue e la letteratura alla matematica e altre materie scientifiche (ironia della sorte, frequentavo un liceo scientifico).
Ovviamente, non sarà affatto facile, anzi…ogni episodio prevede almeno una rogna. Se Payton ottiene un vantaggio su River e Astrid, fidatevi che succederà qualcosa che lo metterà in difficoltà.
Payton caro, meglio che vai ad accendere un cero a Fatima, prima di avventurarti in imprese titaniche, visto che sei jellatissimo. Non solo ci sono gli ostacoli delle elezioni, ma ci sono anche i vari complotti alle sue spalle per farlo fuori, sia metaforicamente che letteralmente. A una certa, mi è venuta voglia di abbracciarlo. è normale volere uccidere un ragazzetto solo per il bene della propria politica? Ok che questa serie rappresenta l’ambiente politico in chiave satirica, ma gente così esiste davvero e la cosa mi fa paura.
Noi spettatori, quindi, vivremo una battaglia sul filo del rasoio. Chi vincerà? Payton o River?
Oltre a questa trama principale, avremo modo di conoscere bene anche gli altri personaggi, ognuno alle prese con i suoi problemi, soprattutto la povera Infinity. La giovane malata è un’altra che necessita di uno o più ceri di Fatima.
Ho trovato molto interessante lo sviluppo, in parallelo alla corsa presidenziale, della vera personalità di Payton.
Ho trovato la storia molto avvincente, tra complotti, strategie, tradimenti e sfortune. Ero partito con l’idea che avrei visto una roba molto trash e queer e invece mi sono appassionato come non mai…e ovviamente ho apprezzato l’elemento trash e queer.
Questa serie riesce a unire molto bene diversi generi narrativi: il comico (grazie all’elemento satirico e ad alcuni momenti leggeri, anche un pochino trash), il drammatico (tocca alcuni argomenti sociali molto delicati e ancora attuali), il thriller/giallo e addirittura il musical, grazie ad alcuni momenti canori.
Ovviamente, nelle opere di Ryan Murphy, l’elemento queer è assicurato e, secondo me, qui non stona quasi per niente. Rende l’ambiente scolastico molto più realistico.
La sceneggiatura è molto piacevole. Ci sono un sacco di dialoghi molto incalzanti e i discorsi politici, in cui i candidati esprimono i loro piani rivoluzionari per la scuola, non mancano. I personaggi sono tutti interessanti, anche quelli più “vasi”.
Ho sempre trovato i licei americani molto affascinanti. Sembra che si possa fare il mondo, dentro le loro mura. Tra incontri dentro mega teatri, infiniti club e cortili che sembrano più parchi, mi sarebbe piaciuto passare un anno scolastico in uno di questi istituti. Poi però mi sono reso conto che quello di “The Politician” è un liceo frequentato da ricconi figli di papà e che in realtà, molte scuole americane saranno sicuramente umili o standard come le nostre.
Quasi ogni ambientazione di questa serie trasuda ricchezza, agio e vizio. Beati Payton e compagnia bella. Beati loro. Quanto darei per trascorrere un solo giorno in una delle loro villette.
Musica molto piacevole e leggera. La sigla è molto bella. La canzone “Chicago” di Sufjan Stevens è accompagnata da un video che mostra la “creazione” di Payton.
Per gli amanti dei musical teatrali, Ben Platt ci delizia in alcune scene con sue esibizioni canore. Il ragazzo è decisamente bravo. Lo invidio davvero, ma con affetto.
“The Politician”, non so perché, ma mi ha sorpreso molto. Sarà forse perché, non apprezzando molto la politica, ero partito leggermente prevenuto, invece mi ha catturato dal primo all’ultimo secondo. Se fossi un personaggio della serie, tiferei per Payton in prima linea.
I personaggi amabili/odiabili a 360°gradi non hanno fatto altro che migliorare la mia visione.
La fortuna ha voluto che vedessi la prima stagione a meno di un mese dall’uscita della seconda. Non vedo l’ora di vedere in che avventura si caccerà, stavolta, il giovane aspirante Barack Obama. E non vedo l’ora di vedere due grandi glorie come Judith Light e, soprattutto, Bette Midler, visto che faranno parte del cast principale.