Non avrei mai pensato di affezionarmi così in fretta ai Fab 5.
“Queer Eye” mi era stato presentato come un programma super mainstream, cool, fenomeno e io avevo reagito stizzito, perché le cose mainstream non mi sono mai piaciute, soprattutto quando “imposte” da persone o internet.
Poi ho letto meglio le premesse e mi sono ritrovato interessato, quindi l’ho seguito di mia spontanea volontà, cominciando quando ormai erano uscite ben 4 stagioni.
Avevo fatto bene a dargli una chance: il programma è adorabile, i 5 protagonisti sono fantastici e si impara davvero tanto.
Potete immaginare la mia felicità quando è stato annunciato uno speciale di “Queer Eye” ambientato in Giappone.
La gioia.
Come si sarebbero comportati i 5 esperti di vita in una città così diversa dalla loro, come la megagigaenorme Tokyo?
Ovviamente, si sono fatti valere, anzi hanno superato se stessi perché non solo hanno aiutato 4 completi estranei a migliorare la propria vita, ma li hanno coinvolti in un bellissimo scambio culturale, dove ad imparare non sono stati solo giapponesi e americani (+ un britannico e un canadese), ma anche tutti noi del pubblico.
La stagione più breve di “Queer Eye” è anche la più intensa, finora.
“Queer Eye: We’re in Japan” dura solo 4 episodi, ma appassiona davvero tanto.
Ovviamente, vediamo tornare tutti e 5 gli esperti di vita, conosciuti anche come “Fabulous 5”, o “Fab 5”:
- Antoni, lo chef logorroico e amante dei cani, soprattutto corgi.
- Bobby, l’arredatore di interni ed esperto di design.
- Karamo, l’esperto di cultura e psicoterapeuta.
- Tan, l’esperto di moda con il ciuffo più alto del mondo e l’accento british stupendo.
- Jonathan, l’esperto di cura personale, invidiato in tutto il mondo per i suoi capelli sempre fantastici.
In questa avventura all’estero, i ragazzi sono aiutati da una guida locale d’eccezione: la modella Kiko Mizuhara. Inoltre, vengono assistiti da una particolare guest star: l’attrice comica Naomi Watanabe.
I Fab 5 sono favolosi, come sempre: simpatici, ironici, pieni di consigli e sorprese. Quando fanno la comari, sono fonte di risate.
Le due guest star non stonano affatto, anzi, donano quel tocco di freschezza necessario. Kiko è super amichevole e dimostra un’apertura mentale da invidia, mentre Naomi è spumeggiante, impossibile non sorridere con lei. Sinceramente, non le conoscevo molto, prima di questa serie. Hanno entrambe conquistato un fan.
E ora veniamo agli “eroi”, le 4 persone che necessitano di una maggiore cura nella propria vita, che sia nella casa, nella vita, oppure con le persone intorno a loro.
Ognuno di loro è completamente diverso dall’altro, contribuendo a regalarci un cast davvero variegato: abbiamo l’adorabile signora che sacrifica la sua vita sociale per aiutare i malati, un giovane ragazzo che ha difficoltà a fare coming out con la famiglia, una fumettista che ha difficoltà a superare i traumi subiti e un musicista che ha perso di vista la capacità di amare la moglie.
Questi quattro protagonisti hanno una storia davvero forte, impossibile da immaginare a primo acchitto. Personalmente, alcune svolte della loro vita mi hanno distrutto.
Se c’è una cosa in cui “Queer Eye” non si risparmia, è raccontare storie difficili, anche tragiche, ma capaci di insegnare moltissimo a tutti, sia ai Fab 5 che ai telespettatori.
A differenza delle stagioni passate, abbiamo anche a che fare con delle persone dalla cultura completamente diversa dai 5 protagonisti. C’è occasione, quindi, di assistere a interessanti scambi culturali e di opinioni mai visti finora, nel programma. Alcune volte, tali differenze creano situazioni comiche, altre invece sconvolgono.
La struttura di ogni episodio è uguale a quella delle serie principali: veniamo introdotti alla “cavia” dell’episodio, la conosciamo, i Fab 5 organizzano almeno una settimana di incontri con la persona in questione per aiutarla a cambiare la propria vita, poi si cominciano a mettere in pratica i consigli. Completato il loro intervento, i Fab 5 salutano, se ne vanno e osservano dal loro loft gli effetti del cambiamento avvenuto nel protagonista, regalandoci a fine episodio qualche chicca riguardo una loro specialità oppure uno di loro si lascia sfuggire qualche curiosità riguardo gli altri Fab, da perfetta comare.
I 40 minuti di ogni episodio volano che è una meraviglia.
Gli amanti della modernità e delle metropoli impazziranno, durante questa serie: è tutto ambientato nella gigantesca Tokyo, capitale del Giappone che racchiude di tutto e di più, in un mix di colori e anche confusione.
Edifici raffinati, tecnologici, bar alternativi, incroci affollati come quello di Shibuya, ma anche semplici appartamenti, dojo (palestre) tradizionali occuperanno i vostri schermi.
Ovviamente, anche il fashion style particolare dei giapponesi farà capolino, in maniera molto audace.
Termino questa chiacchierata con una menzione speciale alla lingua usata in questo programma: i Fab 5 parlano in inglese, mentre i protagonisti dell’episodio in giapponese (Kan, il più giovane, parla anche in inglese), con Kiko che fa ogni tanto da intermediaria.
Voi vi chiederete: come cavolo fanno a capirsi a vicenda?
Semplice. Dietro la telecamera c’è un’interprete giapponese che traduce tutto quello che un gruppo dice all’altro, permettendo ad americani e giapponesi di dialogare senza problemi, anche se non proprio direttamente. Complimenti al montaggio, perché non si è lasciato sfuggire nemmeno un secondo di momento vuoto dovuto all’attesa della traduzione orale.
“Queer Eye: We’re in Japan” ha un solo, grande difetto: dura molto meno di una delle stagioni principali. Avrei adorato tanto una raccolta di 8, anche 10 episodi.
Sono sicuro che Tokyo avrebbe molto di più da raccontare, a livello umano. è un crocevia di culture, generazioni, storie. Lo dimostra anche l’apparizione del monaco buddhista make up artist, un personaggio unico e in grado di ispirare altre persone.
Ma non solo Tokyo. Sarebbe forte se i Fab 5 si dirigessero in altre capitali del mondo. Pura utopia, lo so, ma ammetto che vorrei vederli a Roma.
Chissà, magari in futuro, quando le acque si saranno calmate, potranno tornare e regalarci una seconda stagione nipponica. Mi pare di aver capito che sono stati accolti davvero bene, com’è giusto che sia.
Vabbè, per fortuna è uscita da poco la quinta stagione, che conta 10 episodi.